Come indire un referendum

Come indire un referendum? Ecco una guida dettagliata per capire come si fa ad indire un referendum abrogativo.
Il referendum popolare è un tipico istituto di democrazia diretta attraverso il quale il corpo elettorale è chiamato a deliberare sull’abrogazione totale o parziale di leggi o atti aventi forza di legge (ossia, decreti legge e decreti legislativi emanati dal Governo).
Il referendum abrogativo è disciplinato dall’articolo 75 della nostra Costituzione il quale stabilisce che:
“È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum[1].”
Ora spieghiamo bene come si fa ad indire un referendum abrogativo:
Come indire un referendum abrogativo
Innanzitutto, l’art. 75 prevede che esso può essere proposto da 500.000 elettori o da 5 Consigli regionali, quindi, il procedimento si differenzia in primo luogo in base a chi richiede il referendum.
a) Richiesta popolare: l’iniziativa parte dai promotori, cioè un gruppo di almeno dieci cittadini iscritti nelle liste elettorali, i quali depositano presso la cancelleria della Corte di Cassazione il quesito che intendono sottoporre a referendum; ne viene data notifica in Gazzetta Ufficiale. Entro 3 mesi devono essere raccolte, su appositi fogli vidimati, le 500.000 firme, debitamente autenticate, e devono essere depositate presso la cancelleria della Corte di Cassazione.
b) Richiesta regionale: i Consigli di almeno 5 Regioni devono approvare la richiesta a maggioranza assoluta, indicando lo stesso quesito referendario. La richiesta va depositata sempre presso la cancelleria della Cassazione.
Le richieste, sia popolari che regionali, possono essere depositate tra il 1° gennaio e il 30 settembre di ciascuno anno. Tuttavia, vi sono due casi in cui non può essere depositata alcuna richiesta: nell’anno precedente alla scadenza ordinaria della legislatura e nei sei mesi successivi alla convocazione dei comizi elettorali.
La seconda fase per indire un referendum abrogativo chiama in causa la Cassazione: al suo interno, infatti, si costituisce l’Ufficio centrale per il referendum che esamina le richieste per giudicare se sono conformi alla legge o meno. Entro il 31 ottobre può rilevare le eventuali irregolarità e proporre modifiche, che possono essere apportate. Questa fase deve chiudersi entro il 15 dicembre, con una decisione definitiva dell’Ufficio sulla legittimità dei quesiti referendari.
Nella terza fase, i quesiti dichiarati legittimi vengono trasmessi alla Corte Costituzionale che ne giudica l’ammissibilità, usando come parametro di giudizio la Costituzione (ad esempio, se un quesito è in contrasto con la Costituzione o ne viola una parte, esso sarà inammissibile). La decisione della Corte deve essere pubblicata entro il 10 febbraio dell’anno successivo.
Successivamente, se la Corte Costituzionale dichiara ammissibile il referendum, il Presidente della Repubblica deve fissare il giorno della votazione tra il 15 aprile e il 15 giugno. Gli elettori troveranno stampato sulla scheda il quesito (“Volete che sia abrogata …”) e potranno votare “SI” o “NO”.
Infine, l’Ufficio centrale per il referendum accerta che alla votazione abbia preso parte la maggioranza degli aventi diritto al voto (50% più uno), ossia che venga raggiunto il quorum (altrimenti l’iniziativa fallisce e la legge non può essere abrogata). Uno volta accertata la somma dei voti validi favorevoli e di quelli contrari, l’Ufficio proclama il risultato del referendum. Se il referendum fallisce, lo stesso quesito non può essere riproposto prima che siano trascorsi cinque anni. Se, invece, il risultato è favorevole all’abrogazione, il Presidente della Repubblica dichiara l’avvenuta abrogazione della legge con proprio decreto, che viene immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione.
[1] V. legge 352/1970.

Scritto da Ilaria Costa
Mi chiamo Ilaria sono laureata in Relazioni Internazionali. Il mio interesse principale è la politica nazionale ed internazionale. Amo scrivere e condividere i miei interessi e le mie conoscenze con gli altri.Potrebbe interessarti anche:
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